4 novembre 2013

Il giorno che i morti persero la strada di casa di Andrea Camilleri

La vera festa, quella che fa parte della nostra cultura e trazione siciliana, quella che ci hanno imparato i nostri nonni, quella che da bambini aspettavamo con ansia a parità del Natale oserei dire... ecco proprio quella è descritta come una fiaba dallo scrittore, mio conterraneo, Andrea Camilleri.
Ve la lascio cosicché possiate leggerla anche ai vostri bambini, chissà quante domande vi faranno su come noi da piccoli vivevamo la nostra "festa dei morti".


Il giorno che i morti persero la strada di casa

di Andrea Camilleri


Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.

Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre.

I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo.

Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine. Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.

(da Racconti quotidiani di Andrea Camilleri) – tratto da “Qua e là per l’Italia” – Alma Edizione, Firenze, 2008.



Data un'occhiata ai dolci tipici della tradizione siciliana sul mio blog Creando e Ricreando.

31 ottobre 2013

La notte degli spiriti

 
La storia di Halloween risale a tempi remoti, ovvero in quel periodo dove la Francia, l’Inghilterra, l’Irlanda e la Scozia, facevano parte della cultura celtica, e successivamente l’Europa cadde sotto il potere di Roma
L’idea che Halloween derivi dal Samhain fu diffusa da due studiosi di fine Ottocento, Rhŷs e Frazer: in questa teoria, secondo il calendario celtico in uso 2000 anni fa tra i popoli dell’Inghilterra, dell’Irlanda e della Francia settentrionale, l’anno nuovo iniziava il 1º novembre.
Questo giorno coincideva con la fine della stagione calda, celebrata la notte del 31 ottobre con la festa di Samhain. Per un popolo essenzialmente agricolo come i Celti, l’arrivo dell’inverno era associato all’idea della morte e si credeva che gli spiriti esercitassero il loro potere sui raccolti dell’anno nuovo.
La festa di Halloween sarebbe dunque legata al mondo della natura, per quanto lo spiritismo apparisse contrario ai principi del Cristianesimo che si stava diffondendo nel nord Europa.
Nell’840, la festa di Ognissanti fu ufficialmente istituita il 1º novembre mentre era papa Gregorio IV: Frazer ipotizzò che ciò fosse stato fatto per creare una continuità cristiana con la festa di Samhain allo scopo di scalzarla dalla cultura popolare; a conferma di ciò, osservò che, in precedenza, Ognissanti veniva già festeggiato in Inghilterra, il 1º novembre.
Questa tesi ha avuto amplissima diffusione (per esempio è data per certa dall’Enciclopedia Britannica).Tuttavia lo storico Hutton l’ha messa in discussione, osservando che non ci sono prove che le tradizioni che caratterizzavano Halloween risalissero a prima del Medioevo, e osservando come Ognissanti venisse celebrato da vari secoli (prima di essere festa di precetto), in date discordanti nei vari paesi: la più diffusa era il 13 maggio, in Irlanda (paese di cultura celtica) era il 20 aprile, mentre il 1º novembre era una data diffusa in Inghilterra e Germania (paesi di cultura germanica).

Ho riportato solo un po’ di cenni storici di questa festa che ormai è divenuta anche nostra. Troverete questo e molto altro ancora su Wikipedia.

Sul web ci sono infinte idee per allestimenti, costumi spaventosi, makeup da brivido!

 
 
 
Preparativi? Terminati. Conto alla rovescia? Inziato. E allora? siete pronti per dolcetto o scherzetto?


9 ottobre 2013

{Sposa(mi) in autunno}

I colori dell'autunno sono meravigliosi per allestire matrimoni  dallo stile rustico ma raffinato e ricercato.
Giallo, arancio, rosso, ruggine...






Ecco alcuni esempi che potrebbero ispirarvi nella creazione del vostro giorno speciale, e se magari qualcuno vi piace particolarmente, che aspettate a contattarmi e farvi aiutare nella realizzazione?
La prima consulenza è gratuita!












 
 


 
 



G.P.